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Ebraico ieri e oggi

Zeraim apre qui uno spazio sulla lingua ebraica a cura della prof.ssa Luisa Basevi, insegnante dei corsi di ebraico biblico e moderno. Ogni mese troverai un approfondimento sull’argomento: storia, grammatica,  linguistica, insieme ad altre curiosità che si focalizzeranno soprattutto sui cambiamenti che questa lingua, tanto antica quanto moderna, ha subito nel corso del tempo.

 

Ebraico ieri e oggi, III

Nelle lingue europee, per esprimere il passato abbiamo una buona quantità di tempi da utilizzare a seconda delle situazioni, seguendo le regole della consecutio temporum.
Anche in ebraico moderno abbiamo il passato, ma è un solo tempo, con una varietà di traduzioni tipo: sono andata, andai, andavo. È dal contesto della frase che capiamo quale traduzione più appropriata sia da dare a un verbo coniugato in ebraico.
Esiste tuttavia un modo per esprimere una forma di imperfetto, chiamata   פעולה הרגלית, ovvero Azione Abituale, come ad esempio:  הייתי  הולך – andavo, ero solito andare. Tale struttura è composta dal verbo essere al passato con il verbo al presente, ovvero il participio presente o attivo. Molti pensano che si tratti di un calco della struttura del past progressive inglese. Invece, come ci insegna l’Accademia della Lingua ( HaAkademia leLashon HaIvrit), è, questa, una struttura già esistente nella Torah e ripresa dall’ebraico rabbinico.

Diamo un esempio di come già in Deuteronomio 9:22 si trovi questa struttura:

“Così pure in Taverà ed in Massa ed in Kivròt-hattaavà provocavate a sdegno il Signore.”

Un altro esempio viene dato in Re 2 18:4:

“Perché fino a quel momento gli ebrei gli avevano arso profumi, chiamandolo Nehushtan”

Non approfondiamo ora il passato nell’ebraico biblico, che ha una logica articolata e completamente diversa da quello dell’ebraico moderno, ma ci limitiamo a dare delle informazioni di base sul passato che si usa nella lingua parlata oggi. La coniugazione è formata da suffissi uguali per tutti i verbi: ,ת,ת ,תי forma base del maschile singolare,ו תן תם נו ,ה. Come già detto, il passato è un unico tempo (a parte l’Azione Abituale) ed è molto semplice. Ogni binian ha la sua coniugazione con vocalizzazione specifica, ma una volta imparati i suffissi, il gioco è fatto!

 

Ebraico ieri e oggi, II

L’ebraico che noi conosciamo oggi, come abbiamo accennato, è composto da quattro strati (biblico, rabbinico o mishnico, il cui inizio coincide con la distruzione del Secondo Tempio, nel 70 e.v., medievale e contemporaneo), senza considerare tutti i prestiti da altre lingue.

È interessante notare come il risultato del passaggio da uno strato ad un altro non sia  stato sempre lineare. Possiamo trovare dei termini e delle strutture del Tanach che sono state abbandonate dalla lingua rabbinica e che però ritroviamo nella lingua parlata di oggi.

Possiamo portare ad esempio l’uso del doppio articolo, prima del sostantivo e prima dell’aggettivo. Nella lingua biblica c’è, così come nella lingua che parliamo ogni giorno. “Quest’uomo” si dice האיש הזה. Viceversa, nell’ebraico rabbinico l’articolo non è  necessariamente usato e la stessa struttura diventa איש זה.

Questo esempio testimonia l’irregolarità temporale del passaggio dalla sintassi biblica a quella rabbinica a quella di  oggi.

Un esempio opposto, invece, è quello della preposizione של, “di”, che tutt’ora usiamo. Nella lingua biblica il possessivo non viene espresso con la medesima preposizione של, quanto con ….אשר ל. In Genesi 13:1, per esempio, leggiamo: ויעל אברם ממצרים הוא ואישתו וכל-אשרלו, ovvero: “Abramo partì dall’Egitto con sua moglie e con quanto possedeva.” (Traduzione di Rav Dario Disegni).

Nell’ebraico rabbinico il relativo אשר viene sostituito con ש, che, unito alla preposizione ל, ha creato la preposizione של, ancora in uso, per indicare il ‘di’ italiano. Quindi  la frase “il libro di Moshe” diventa הספר של משה.

Queste sono due piccole dimostrazioni di quanto si trovi, nella lingua di oggi, sia l’eredità tanachica, come nel caso di האיש הזה, sia quella rabbinica, con l’uso della proposizione  של.

Ebraico ieri e oggi, I

La lingua ebraica non è mai morta, nonostante sia accettato il racconto mitologico della sua rinascita avvenuta alla fine del XIX secolo grazie a Eliezer Ben Yehuda. Ben Yehuda, arrivato in Eretz Israel nel 1881, era fermamente convinto che la lingua ebraica dovesse essere parlata. Come lui, molti altri figli della Haskalah e ferventi sionisti parteciparono al progetto della rinascita dell’ebraico parlato quale veicolo identitario di un popolo che si riappropriava della propria terra.
Eppure l’ebraico non era mai stato abbandonato. Nel corso dei secoli furono scritti fiumi di parole in ebraico in testi non solo di natura religiosa. Vari sono gli esempi di scritti secolari presenti anche in Italia con Immanuel Romano (1261-1328) fino ad arrivare alla Triestina Rachele Morpurgo (1790–1871), prima donna che scrisse in ebraico.
La poesia secolare ebraica medievale si era sviluppata, ad esempio, in Spagna con l’intento di ricorrere esclusivamente all’ebraico biblico. Ricordiamo solo un paio di nomi: Shmuel Ha Naggid (993-1055) e Yehudah HaLevi (1075-1141).
L’uso dell’ebraico biblico fu un punto centrale anche per la Haskalah, l’illuminismo ebraico, corrente di pensiero nata a Berlino alla fine del XVIII secolo e poi spostatasi nell’Europa dell’Est. Questo solo per dimostrare che l’ebraico fu sempre praticato e scritto.

Quando poi gli ebrei arrivarono in terra di Israele e cominciarono ad avere la necessità di comunicare tra di loro, l’ebraico parlato divenne lo strumento indispensabile per tutti, sefarditi e ashkenaziti, cioè per tutti coloro che dovevano far crescere i propri figli in una terra dove finalmente la lingua nata lì si riappropriava del suo spazio storico.
Come scrisse lo scrittore Amos Oz in un suo saggio, l’ebraico era come la Bella Addormentata, svegliata dal bacio della sua riattivazione come lingua parlata. E riprese vita nelle parole di due giovani, lei sefardita e lui ashkenazita, per dirsi “ti amo”, ovvero per unirsi in Terra di Israele. Il legame tra il popolo di Israele e la sua terra è un legame eterno. Nella stessa lingua vi è una continuità temporale che la contraddistingue.
L’ebraico contemporaneo, infatti, è composto da quattro strati: il biblico, il mishnico, il medievale e infine lo strato composto dalle componenti europee e più moderne. Dal Tanach all’ebraico parlato oggi in tutta Israele c’è un filo conduttore.

Solo per dare un esempio: Usiamo ogni giorno la parola שמש (sole), che compare fin da Bereshit 15:12:

La stessa parola, sole, nell’ebraico mishnico veniva indicata come חמה (calda), tuttavia il Comitato della Lingua, fondato nel 1890 dallo stesso Ben Yehuda e diventato Accademia della Lingua nel 1953 ha preferito mantenere שמש per non confondere l’aggettivo femminile “calda” ( חמה ) con il sole, appunto. Possiamo affermare che la trama complessiva dell’ebraico contemporaneo è costituita dalla lingua tanachica arricchita da elementi mishnici, medievali, stranieri, inseritisi nel corso dei secoli e che formano una lingua straordinariamente ricca e soprattutto fondamento dell’identità ebraica di tutti i tempi e di tutti i luoghi.

La conoscenza della lingua è elemento indispensabile per abbracciare tutta la storia, la sapienza e la creatività ebraica ed è proprio attraverso la conoscenza e la trasmissione della Torah, delle Tefillot e dei testi in ebraico che il popolo di Israele è sopravvissuto fino ad oggi.